venerdì 19 aprile 2013

Incipit del racconto Stultifera Navis di Maddalena Migliore


Ai margini della Storia,
 in una dimensione fluida, in cui spazio e tempo si confondono le parti, 
a largo da ogni sponda, 
ecco che si spalanca l’abisso.

In alto mare, in balìa dei flutti, senza alcuna certezza a cui appigliarsi, 
danza un veliero senza posa. 
Assecondando il suono delle onde, attraversato leggero dal vento, 
avanza in mare senza paura alcuna.

Stultifera Navis si legge a caratteri chiari sulla prua, 
un veliero sgangherato, 
una nave di folli, a largo da ogni ragione o verità.

Che si tratti proprio di quella misteriosa nave, di cui spesso si sente 
narrare per i porti di mare, sulla quale viaggia un’orda di folli impazziti, 
cacciati via dalle città dei sani e affidati al mare?

La Follia, bandita, esiliata, zittita, va tenuta alla larga. 
Potrebbe indurci ancora a credere nei sogni, 
potremmo sentirla sproloquiare 
intorno a parole incomprensibili come Libertà, Umanità, Evoluzione, 
Partecipazione... 
Pericolosa! 
Decisamente pericolosa! Gettiamola in mare, in balìa di se stessa!

Ma il folle in esilio, incontra suoi simili ai margini. 
Un equipaggio scomposto, una ciurma di folli ci farà navigare 
per gli abissi, 
dove tutto è possibile e niente è certo, a bordo di una nave-teatro, 
luogo a cui tali personaggi appartengono e in cui trovano la loro 
piena realizzazione.

Presto fatto! 
Ed ecco che una navata, diventa una Navis, in cui imbarcarsi per solcare 
i mari della creazione artistica, assistere alle movenze sconnesse dei suoi 
personaggi, diventare parte di un equipaggio 
che ha scelto l’arte come bussola dell’esistenza, ed ha il coraggio 
di affrontare l’abisso anche quando tutto sembra remare contro.

L’abisso e il folle c’interpellano dal profondo. 
mettendo totalmente in discussione il concetto stesso di limite o di norma.

Cos’è la Follia, dunque, se non uno specchio deformante che riflette 
le nostre manie, le nostre fobie e i nostri alibi disarmandoli?

Tanto tempo fa accadde che la Follia fu anestetizzata e 
chiusa nel silenzio per tenerla a bada.

Non furono più necessarie case di cura, bastava emarginarla, 
impedirle l’ingresso in città o affidarla ai marinai, 
qualunque dissidente sarebbe stato arrestato, seviziato e infine ucciso.

La fine che hanno fatto tutti questi folli la conosce solo il mare e ogni tanto 
si riesce a sentire delle loro storie tra una risacca e la successiva.

Alcuni, però, pensarono bene di unirsi 
e fare dell’esilio un’opportunità per continuare a fare ciò che più amavano, 
avventurandosi in mare aperto.

Artisti folli, rigettati via dalle città perché potenzialmente pericolosi. 
L’arte è sovversiva, libera mente e corpo e ciò non era contemplato dalle rigide norme del 
Tribunale della Ragione, vigenti ai tempi.

E voglio raccontarvi la storia di questi corsari controcorrente, 
capaci di sognare, e per questo in grado di solcare i mari in tempesta 
dell’impossibile che diventa possibile, 
dell’errore che diventa ricchezza, dell’arte come via per creare nuovi 
modelli di pensiero, azione, socialità.

Liberi 
per aver concesso all’arte di prevaricare la vita, 
arte che inonda ogni cosa travolgendola, 
trascinandola via col suo flusso creativo.

Chiunque avrà il coraggio di vivere, fedele ai propri sogni, 
coltivando bellezza, 
potrà arruolarsi su questa nave.

E impareremo a ridere delle nostre catene, 
liberandoci di esse, sulla scia di un equipaggio folle, 
per tornare ad essere fanciulli ridenti,
capaci di danzare di fronte 
all’abisso.

Soffia il vento e la rotta è già intrapresa, 
non senti che l’aria profuma già di 
Libertà?

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